mercoledì 22 luglio 2009

Vaccà, il pompiere che trasforma i muri delle caserme in opere d'arte da guardare


NAPOLI - È una mezzaluna affacciata sul mare la caserma dei vigili del fuoco del molo Beverello. Il distaccamento del nucleo marittimo da un altro punto di vista sembra una grossa conchiglia bianca finita per sbaglio sulla banchina. E in effetti, la storia di questo presidio è intricata. Un tempo si trattava di uffici presi in fitto dalla Caremar per ospitarvi le stanze della direzione della compagnia marittima al porto di Napoli. Fin quando il contratto non è terminato e l'autorità portuale ha deciso di sottrarre la struttura alle condizioni di abbandono in cui nel frattempo era caduta affidandola ai pompieri del mare, alle prese con una complicata opera di ristrutturazione della sede del proprio distaccamento. La sede ufficiale, difatti, al molo 39, a calata Marinella, più vicina alla zona industriale dove complice la presenza delle raffinerie il pericolo di incendi è maggiore, è oggetto di un'opera di messa a norma secondo le disposizioni anti-sismiche vigenti dopo essere stata edificata a più riprese, lungo i decenni, in grembo a un ordigno bellico della seconda guerra mondiale, rimasto intrappolato nelle fondamenta. Il proiettile di un bombardiere americano M81.

«Santa Barbara ci ha protetto per tutto questo tempo», dicono i vigili del fuoco. Che al Beverello sono arrivati in punta di piedi e in poco più di due mesi, da quando hanno iniziato le operazioni di trasloco, hanno attirato l'attenzione della vicina caserma della polizia e dei turisti. Per merito di Gianluigi Vaccà, un trentatreenne napoletano, nato a Formia per coincidenza, con il pallino dei viaggi e dell'arte. L'autore dei disegni murali che ornano l'ingresso del nuovo distaccamento dei vigili del fuoco e hanno creato un piccolo caso intorno al pompiere che spegneva l'incendi e ha acceso l'arte sulle grigie pareti della caserma. In luoghi da sempre seri e compunti.

Gianluigi, quattro anni di leva prolungata in marina prima di entrare nel 2000 nel corpo, ha impiegato due mesi, tra una pausa e l'altra dal lavoro, per terminare la sua opera prima. Nessun disegno a parete in precedenza, all'attivo aveva solo disegni su carta. «Sono entrato nei vigili del fuoco per la considerazione che abbiamo tra la gente. Siamo visti come salvatori e nei disastri e negli incendi siamo vicini alla popolazione. Poi mi sono avvicinato all'arte, viaggiando. E scoprendo. Il Barocco in particolare, quello spagnolo, il napoletano. Il mio pittore preferito è senz'altro Luca Giordano». Ed è stata la divisa a dare l'occasione a Gianluigi per far sbocciare la sua passione, fornendogli quanto meno uno spazio per esprimere il suo estro e carta bianca per cominciare.

«Avevo iniziato a disegnare piccole composizioni per i colleghi che andavano in pensione. Quando è arrivato il trasferimento nella nuova sede conoscevano un po' tutti i miei disegni e mi hanno lasciato completa libertà, così ho cominciato». Sono bastati pochi strumenti, per lo più raccattati e di fortuna per creare qualcosa di unico. «Per i disegni ho utilizzato dei gessetti e un fissante. I gessi, i colori in verità erano molto pochi, presati da un collega. E lo spray per fissare, che spero regga il più a lungo possibile. Il difficile sono state le proporzioni. Tutte a occhio». E gli occhi sull'opera di Gianluigi Vaccà l'hanno messa i vicini di casa, al porto, delle forze dell'ordine la cui sede a questo punto sembra spoglia e anonima e che hanno già avanzato una proposta al pompiere-artista.

Autore nel dettaglio di una parete lato mare con composizioni marine, un'altra, lato terra, consacrata alla santa protettrice Barbara, ai vigili e a un San Giorgio tutto particolare. Poi il soffitto con il simbolo dei caschi rossi a incorniciare la rosa dei venti, emblema del nucleo marittimo che contraddistingue il distaccamento alla darsena. «Nella parete lato mare c'è un vascello con le vele gonfiate dal dio del vento, un cavalluccio marino accanto a un timone di comando e una mia fantasia, un vigile del fuoco a bordo di una tavola da surf. Quella di terra è dedicata ai nostri simboli ideali. Il vigile del fuoco-angelo, come è nell'immaginario. Santa Barbara come una statua della libertà, scolpita proprio da un pompiere e infine una rivisitazione del San Giorgio classico. A fermare il leggendario drago, qui è l'estintore».

Sandro Di Domenico
21 luglio 2009(ultima modifica: 22 luglio 2009)

fonte: Corriere del Mezzogiorno.it

mercoledì 8 luglio 2009

Il racconto del soccorso ai 3 speleologi sul Monte S.Giacomo




Dopo la lieta notizia del soccorso ai tre speleologi bloccati nella grotta di Vallicelle sul Monte S.Giacomo, pubblichiamo il racconto di uno dei soccorritori che hanno partecipato ai soccorsi ed ha preso parte proprio nel momento clou in cui sono entrati in contatto con i tre pericolanti.

Di seguito il racconto, pubblicato anche sul sito istituzionale dei Vigili del Fuoco:

Monte San Giacomo - Loc. Vallicelle (SA) . 5 luglio 2009


Il gruppo S.A.F. della Regione Campania è intervenuto in una cavità del Monte San Giacomo (loc. Vallicelle – SA- ) dove tre speleologi erano rimasti bloccati in un sifone ad una profondità di circa 70 metri dalla superficie a seguito improvvisa e violenta precipitazioni in zona . L’allarme scattato il giorno 3 luglio c.a., in serata (quando non si avevano più notizie da tempo) ha avuto una prima fase durata fino alle ore 18.30 circa del giorno quattro, dove si è riusciti ad avere un contatto con i tre speleologi fornendo agli stessi viveri di conforto e teli contro l’ipotermia, grazie all’intervento congiunto di personale S.A.F. VVF della regione Campania (opportunamente allertati dalla direzione regionale) e sommozzatori VV.F. di Salerno e Roma alcuni dei quali con specializzazione speleo, l’elinucleo VVF di Pontecagnano, nonché personale del C.N.S.A.S. .
Le operazioni non sono state semplici e grazie alle tante attrezzature presenti, come motopompe ed elettropompe si è proceduto al prosciugamento del sifone d’acqua creatosi tra i soccorritori e i pericolanti.

Dopo diversi tentativi alle ore 21:57 del giorno quattro, una squadra composta da due operatori S.A.F. e quattro operatori del CNSAS riuscivano a far arrivare la tubazione ai malcapitati. Nel giro di venti minuti il sifone risultava “praticabile” , alle ore 22:40 , consultati i medici in superficie, il primo speleologo, L. C. (Leone Cosimino) veniva accompagnato dall’altra parte del sifone da una unità VF, gli altri due da altrettante unità del CNSAS, mentre una unità SAF VF in attesa all’interfono comunicava la buona notizia in superficie. Verso mezzanotte tutti e tre gli speleologi venivano in superficie tra la gioia dei conoscenti e dei soccorritori, stanchi ma sorridenti si avviavano verso i controlli sanitari di routine. La riuscita dell’intervento si è avuta grazie alla fattiva collaborazione dei due enti e dalla professionalità mostrata dal personale presente, nonché dell’ottimo coordinamento delle molteplici unità a disposizione.

link Vigilfuoco.it

link Corrieredelmezzogiorno.it

lunedì 6 luglio 2009

Salvi i tre speleologi bloccati nella grotta di Vallicelli





SALERNO - Liberi. I tre speleologi intrappolati per oltre quaranta ore in una grotta sui Monti Alburni, nel Salernitano, sono stati infatti riportati in superficie dagli uomini del soccorso alpino e dai vigili del fuoco nella notte fra sabato e domenica. Antonio De Leo, di 43 anni di Lecce, è stato il primo a uscire, alle 23.40 , seguito nel giro di pochi minuti da Cosimo Leone, 30 anni, brindisino e da Gianluca Selleri, leccese, di 36. Le loro condizioni di salute non destano preoccupazione anche se sono stati comunque sottoposti a una visita medica. Grande commozione alla loro uscita dalla grotta.

IL RACCONTO - I tre speleologi hanno raccontato solo pochi particolari della loro disavventura, confessando di non aver mai perso la speranza. Inoltre hanno detto di aver collaborato dall’interno per rimuovere il fango dal sifone che ostruiva l’uscita. De Leo, Leone e Selleri erano rimasti intrappolati a circa 75 metri di profondità a causa di un improvviso temporale che aveva riempito d’acqua e di melma un sifone di collegamento di una settantina di metri. Sul posto, in località Vallicelli, nel Comune di Monte San Giacomo, erano giunte le squadre dei vigili del fuoco di Salerno e di Roma, i tecnici del Soccorso Speleologico del Corpo di Soccorso Alpino, i sommozzatori provenienti da Salerno e i carabinieri, oltre a medici e sanitari. In tutto un centinaio di uomini, i quali hanno faticato non poco per individuare e poi raggiungere gli speleologi intrappolati, grazie anche all’ausilio di due pompe idrovore con le quali è stato reso possibile lo svuotamento del sifone allagato.

L'ALLARME - A dare l’allarme è stato proprio un dipendente del Comune di Monte San Giacomo, accortosi nel tardo pomeriggio di venerdì della presenza dell’auto nei pressi della grotta. «Ha visto l’auto chiusa e la tenda dove si erano accampati vuota - ha proseguito ancora il sindaco Franz - Quando poi si è avvicinato all’ingresso della grotta, si è accorto che era completamente allagata e ha capito che gli speleologi erano rimasti intrappolati dentro». De Leo, Selleri e Leone sono considerati esperti e probabilmente proprio l’esperienza ha consigliato loro di non avventurarsi nel sifone allagato, ma di attendere i soccorsi in una ’camerà adiacente, al sicuro. Monte San Giacomo e la zona dei Monti Alburni sono luoghi ideali per le escursioni speleologiche, grazie alle numerose grotte sotterranee che attraversano il territorio. Vi giungono escursionisti da tutta Italia, soprattutto in estate, quando il clima è più clemente.

I RINGRAZIAMENTI - «Ringraziamo tutti i soccorritori che con il loro impegno hanno contribuito a salvarci la vita». È quanto hanno detto i tre speleologi pugliesi rimasti intrappolati all’interno della grotta di località Vallicelli nel territorio comunale di Monte San Giacomo, in provincia di Salerno lasciando l’ospedale di Polla dopo essere stati sottoposti agli accertamenti. Cosimo Leone, 30 anni di Brindisi, Antonio De Leo, 43 anni e Gianluca Selleri, 36 anni entrambi di Lecce versano in buone condizioni di salute dopo la brutta avventura vissuta all’interno della grotta sul monte Cervati. I tre speleologi si sono trattenuti a Monte San Giacomo sino al primo pomeriggio di domenica. Dopo aver recuperato la loro attrezzatura speleologica ed i loro effetti personali, i tre sono ripartiti alla volta della Puglia per ritornare ad abbracciare i propri familiari.


06 luglio 2009